blog americalatina

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"Hay muchas maneras de contar esta historia, como muchas son las que existen para relatar el más intrascendente episodio de la vida de cualquiera de nosotros".

Monday, December 31, 2007

La giustizia italiana su Morales Bermúdez

La giustizia italiana ha disposto nei giorni scorsi l’arresto o l’estradizione di almeno 140 persone vincolate con il Plan Condor e giudicate responsabili della sparizione di 25 cittadini italiani in America Latina durante gli anni Settanta ed Ottanta.
Tra questi c’è l’ex generale Morales Bermúdez (che oggi ha 86 anni), che guidò la Giunta militare peruviana dal 1975 al 1980. La richiesta italiana ha trovato un fronte compatto nel governo e nella giustizia peruviana, che pur dichiarandosi disposti a “collaborare”, hanno rifiutato qualsiasi richiesta di estradizione ed hanno difeso l’operato del militare e del suo Primo ministro dell’epoca, Pedro Richter Prada, anche lui richiesto in Italia.
Alan García, fiutata l’occasione per rinfocolare il nazionalismo, ha subito parlato ai media per ricordare agli europei in generale che il Perù è uno Stato di diritto e non una repubblica delle banane e che bisognerebbe solo ringraziare Morales Bermúdez per quello che ha fatto.
Ma cosa ha fatto appunto, l’ex numero uno della Giunta militare? Intanto, era il Capo di Stato maggiore durante la disastrosa dittatura di Juan Velasco che depose il governo democratico di Fernando Belaunde. Migliaia di oppositori (di destra e di sinistra, già che Velasco perseguiva una terza via) furono incarcerati o costretti all’esilio. Poi, nell’agosto 1975, con un colpo di Stato, si autoproclamò presidente della Repubblica, sciolse l’assemblea internazionale dei Paesi non allineati che si stava tenendo a Lima e continuò il piano rivoluzionario di Velasco. Lo storico Basadre lo chiama “un fellone”: in meno di dieci mesi di potere si liberò di tutti quei collaboratori che lo avevano portato alla dittatura. Il suo governo fu almeno disastroso come quello di Velasco, fino a che la pressione interna lo portò ad accettare –come Pinochet, ricordate?- elezioni libere nel 1980 che, puntualmente, perse.
Morales Bermúdez venne salvato dal fatto di essere stato un dittatore “light” se paragonato agli altri tiranni dell’epoca. Desaparecidos pochi; diritti civili relegati in secondo piano, ma almeno presenti; mano debole nei confronti delle richieste della massa: insomma, non passa l’esame per essere ricordato come un vero cattivo.
Perchè, però, Alan García lo difende a spada tratta? La risposta è semplice: García ne ha combinate ben peggiori di Morales Bermúdez, come le famose stragi nel carcere del Frontón o la repressione militare nella sierra. Se cede ora con l’ex generale, un domani si troverà alla sbarra degli imputati in qualche aula processuale d’Europa o d’America, a rispondere di reati ben più gravi della scomparsa di un montonero con passaporto italiano.
Sui blog peruviani, sempre interessanti e puntuali, la discussione è accesa:
http://puenteareo1.blogspot.com/2007/12/qu-exageracin.html
http://nauseapolitica.blogspot.com/2007/12/militares-peruanos-y-montoneros.html
http://desdeeltercerpiso.blogspot.com/2007/12/condores-morales-y-derechos-humanos.html
http://magisterioperu.blogspot.com/2007/12/el-felon-con-los-dias-contados.html

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Friday, December 28, 2007

Un circo sulla liberazione dei sequestrati

Da alcuni giorni è in atto un circo mediatico sulla liberazione dei tre ostaggi in mano alle Farc (Clara Rojas, suo figlio Emmanuel e Consuelo González). Ci si sono messi di mezzo un poco tutti: Chávez, Sarkozy, Uribe –piccatissimo-, Piedad Córdoba, i giornali colombiani –anche questi piccatissimi per l’ingerenza venezuelana-, otto governi differenti in uno spiegamento di diplomazia che non si vedeva da tempo.
Durante questi giorni (al momento nove, dall’annuncio) sono apparsi tutti in televisione, a ribadire l’imminente liberazione e a ritagliarsi, soprattutto, una parte di merito nelle trattative. Sarkozy, che tratta la tragedia dei sequestri come parte del gossip; Chávez, che ne trae ulteriori vantaggi di immagine; la Córdoba, pasionaria che non disdegna di presentarsi alle conferenze stampa abbigliata come se fosse alla consegna dell’Oscar.
Il dramma diventa di nuovo un circo, insomma, ed anche i meriti –veri o falsi che siano- rimpiccioliscono di fronte al misero spettacolo della vanità umana. Le televisioni mostrano un Chávez gongolante, in versione “faso tuto mi”, mentre i tigì hanno fatto della località di Villavicencio (dove atterrerà l’aereo con gli ostaggi) un palco degno appunto di una finale. Ci saranno le lacrime, il dramma delle famiglie da mostrare in tutto il loro splendore di audience in mondovisione, la telenovela fatta realtà. Ci si collega persino con il servizio meteorologico per sapere le condizioni del tempo, come se si dovesse giocare una partita di calcio. Insomma, si perde il senso della misura, del rispetto per la tragedia altrui. I sequestrati diventano non solo merce di scambio ma anche merce per rilucire, agevolare carriere, gonfiare ego. Merce, appunto, solo merce.

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Wednesday, December 19, 2007

Vecchi amici si incontrano

Le Farc sono prossime a liberare la collaboratrice di Ingrid Betancourt, Clara Rojas e suo figlio Emmanuel –nato durante la prigionia-, nonchè l’ex deputata Consuelo González. Un segno di distensione, nelle parole del portavoce del gruppo armato, ed anche di amicizia nei confronti di Hugo Chávez.
Che gli ostaggi vengano liberati è sempre una grande notizia.
Ma provo a farvi riflettere: vi posto la foto apparsa oggi nella prima pagina del “Nuevo Diario” di Managua: Daniel Ortega che consegna una medaglia a Manuel Marulanda, “Tirofijo”, il capo delle Farc.

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Tuesday, December 18, 2007

La Bolivia spaccata

Morales ed i suoi hanno approvato domenica la Carta Magna che indirizza la Bolivia verso una nuova Costituzione. L’opposizione non c’era, a rendere evidente come la spaccatura con il governo sia difficilmente sanabile. Lungi dal trovare la via al negoziato e al dialogo, le province ribelli, capeggiate al solito da Santa Cruz, hanno scelto la via della disobbedienza –e spesso della violenza-, organizzando proprie assemblee nel tentativo di legittimare i processi di autonomia politica dal governo centrale.
Sulla Costitizione pesa soprattutto un articolo, il 398, che regola la proprietà privata. L’articolo è stato voluto per combattere il latifondo e l’abbandono in cui versano migliaia di ettari, in mano a proprietari che non hanno la volontà o la possibilità di renderli produttivi. Il 398 pone quindi un tetto –di 10.000 o 5.000 ettari, lo deciderà un referendum- di proprietà per persona. Un esperimento socialista, secondo l’opposizione; una misura necessaria di giustizia sociale, secondo il governo.
Fatto sta che si è tornati di nuovo a parlare di secessione, un progetto che Santa Cruz e Tarija rincorrono da tempo. Morales, però, ha ottenuto in questo difficile momento l’appoggio dei paesi vicini. Lunedì ha ospitato Lula e la Bachelet per lanciare il corridoio commerciale tra i due oceani, ricevendo così un’importante dimostrazione di stima e legittimità (il corridoio passerà infatti proprio nelle province disubbidienti).Nella foto dell’AP, Henry Flores mostra la sua “invenzione”: la banconota da 100 cruceños, la moneta della futura (?) Repubblica di Santa Cruz.

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Friday, December 14, 2007

Il Nicaragua e le frontiere

L’arcipelago di San Andrés è e rimarrà colombiano. Questo, in stretta sintesi, il responso della Corte Internazionale dell’Aja che si è detta però competente per rivedere i limiti marittimi delle due nazioni.
La solita lite tra vicini, si direbbe, ma dietro c’è come sempre qualcos’altro.
L’impressione è che il Nicaragua, lungi dal risolvere i problemi interni, abbia fatto delle contese internazionali (praticamente con tutti i vicini: Honduras, El Salvador, Costa Rica ed anche la Colombia con cui comparte la frontiera marittima) una strategia per alimentare il patriottismo ed il nazionalismo, in maniera di deviare l’attenzione dai temi di politica interna che nè i liberali nè i sandinisti sembrano in grado di poter risolvere.
Quella di ridiscutere le frontiere non è una trovata di Ortega, ma data i tempi di Alemán e si è mantenuta con Bolaños: ognuno, a modo suo, è responsabile della perdita di tempo e di soldi pubblici per bisticciare su panzane ottocentesche. Il Nicaragua è un paese ricco di risorse naturali ed umane, ma la classe politica –di qualsiasi colore sia- si è dimostrata di un’inefficacia epica: si preferisce chiedere porzioni altrui di territorio, piuttosto di velare e di sviluppare quello che si possiede già di pertinenza. Così, assistiamo allo squallido spettacolo delle campagne abbandonate, della sporcizia che regna padrona, di una classe di privilegiati che alimenta solo il proprio ego e i propri conti in banca, piuttosto che le migliaia di famiglie che vivono in povertà assoluta.

Sui giornali nicaraguensi oggi si celebra la decisione della Corte Internazionale di rivedere i confini marittimi come una vittoria e sulla colombianità di San Andrés –che fino a ieri veniva reclamata ad alta voce come nicaraguense- si glissa. Il vento patriottico spira forte perchè, forse, ai nicaraguensi di questi tempi non rimane altra cosa. A mancanza di elettricità, di acqua, di lavoro e di benessere non rimane che cullarsi con l’orgoglio.

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Wednesday, December 12, 2007

Fujimori condannato a sei anni

Fujimori ha dato in escandescenze alla fine dell'udienza del processo per le stragi di Barrios Altos e La Cantuta. El Chino ha rifiutato le accuse, zittito il presidente della Corte e si è indignato di fronte alla richiesta del procuratore di condannarlo a trenta anni di reclusione. Il giudice ha dovuto richiamarlo più volte: “Imputato Fujimori, deve ricordarsi che qui comando io” gli ha detto.
In una sentenza giudicata storica Fujimori è stato quindi ritenuto colpevole e condannato a sei anni di reclusione. Si tratta solo del primo processo di una lunga serie.
Le fasi salienti dell'udienza:
http://www.youtube.com/watch?v=sKeIIBRfyO8
Sul "Comercio" è anche apparso un articolo che conferma quanto si è sempre saputo, ossia che i terroristi dell’Mrta della presa dell'ambasciata giapponese a Lima, una volta catturati, vennero giustiziati sommariamente su ordine di Fujimori. Parola della Cia: http://www.elcomercio.com.pe/ediciononline/HTML/2007-12-10/fujimori-ordeno-1997-matar-todos-terroristas-durante-rescate-embajada.html

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Tuesday, December 11, 2007

Il revisionismo su Pinochet

Un anno fa moriva Augusto Pinochet. Il mondo finalmente si liberava di un piccolo uomo fattosi tiranno attraverso la dittatura e la repressione. Questo è quello che dovremmo ricordare del generale che abbattè il legittimo governo di Salvador Allende e fece sparire migliaia di oppositori dopo torture e vessazioni.
Invece, dalla sua morte è in atto una sorta di revisionismo storico, che tende a far apparire la figura di Pinochet in un contesto storico plausibile, dove il dittatore appare come il salvatore di una patria vessata e sull’orlo del disastro. Queste cose, in Cile, si dicono da sempre e sono il risultato dell’aspro confronto/scontro che da decenni si vive nel paese latinoamericano sugli anni della dittatura.
L’anniversario della morte rischia ora di trasformarsi nella celebrazione di un’idea, quella dell’eliminazione fisica dell’avversario e della repressione come metodo di potere, che invece dobbiamo rifiutare. Non possiamo celebrare, in nome della ripresa dell’economia o dell’ordine, i voli della morte o le torture. Per non dimenticare, poi, che Pinochet non perseguiva il benessere dei cileni, ma quello proprio e della sgherra di accoliti che gli stava a fianco. Lo dimostrano i milioni di dollari (ventisette accertati sinora) disseminati nei paradisi fiscali e gli omicidi eccellenti perpetrati ai danni di ex militari che lo osteggiavano. Lungi dall’aprire ai cileni i benefici sociali che si stava proponendo il governo di Allende, Pinochet intervenne per mantenere i privilegi della casta e mantenere ognuno al proprio posto, usando i metodi più brutali ed aberranti che l’animo umano possa esprimere. Il teorema di Pinochet era semplice: in Cile bisognava ristabilire la gerarchia divina, ossia i militari e le famiglie dell’oligarchia al potere e gli altri emarginati.

Purtroppo, mentre i fanatici di Pinochet stanno celebrando con messe, manifestazioni e dibattiti la figura del dittatore, le vittime hanno deciso di dimenticare: “Meno si parla di questo nefasto personaggio, meglio è per le nostre anime” ha dichiarato alla stampa Mireya García, vicepresidente dell’Associazione dei familiari dei desaparecidos. Forse, sarà anche così, ma non parlandone si offusca la memoria storica di una nazione che non deve smettere di ricordare. Solo perpetrando la memoria, attraverso i fatti e le parole, si contrasta il revisionismo e l’affermarsi di quell’idea primitiva di società che i Pinochet ed i suoi vogliono mantenere viva.

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Friday, December 07, 2007

Anche in Bolivia sarà referendum

Dopo Chávez, anche Evo Morales si avvarrà della modalità del referendum. A differenza del suo collega venezuelano, però, il presidente boliviano ha annunciato la consulta popolare per sapere se dovrà restare al suo posto o andarsene.
I boliviani avranno l’opportunità di decidere se revocare il mandato di Morales, così come di quello dei governatori delle nove province che costituiscono la Bolivia (sei in mano all’opposizione). Una decisione che vuole porre un freno alla crisi costituzionale che vive il paese, dove le riforme sono ferme per la forte opposizione, non sempre nel limite del lecito, contro il presidente. Insomma, se gli elettori lo vorranno, manderanno a casa non solo Morales ma anche i governatori oppositori, come a dire che tutti i responsabili della crisi dovranno lasciare spazio ad altri.
Si tratta di una proposta coraggiosa (assurda per noi italiani, vero?) che i governatori hanno accettato. Ora tocca al Congresso avallare la data del confronto che Morales ha chiesto sia il prima possibile. Intanto, non si ferma l’iter della Costituente. Dopo i disordini di Sucre –dove era riunita l’assemblea- Morales ha deciso di spostare nel Chapare le riunioni, a partire dal prossimo 12 dicembre.

Ancora una volta, grazie al meccanismo del referendum, si ha un segnale positivo per le democrazie latinoamericane. Da segnalare come di questo strumento popolare se ne siano ben guardati tutti i governi conservatori che per tempo immemorabile hanno diretto le sorti dei paesi dell’America Latina riempiendosi la bocca di diritti e grandi dichiarazioni di democrazia. Alla luce di quanto avviene oggi –e non parlo solo di Venezuela e Bolivia, ma anche di un governo centrista come quello del Costa Rica- dovremmo quindi rivedere un poco il concetto di democrazia che si è usato, credo con molta disinvoltura, nella storia recente e non del subcontinente.

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Monday, December 03, 2007

Chavez perde il referendum e vince in immagine

Il referendum sulle riforme costituzionali non è passato. La differenza tra Sì e No è stata minima, ma il numero che risalta di più è quello dell’astensionismo, piazzatosi ad un 44%. I sfrenati proclami sulla schiacciante vittoria nel No, già sbandierati dai giornali conservatori di mezzo mondo, sono decisamente fuori luogo. Proprio il numero degli astenuti ci dice che a frenare l’avanzata di Chávez è stata la parte più moderata del chavismo, spaventata dalla proposta radicale delle riforme. L’opposizione ha lavorato bene, senza dubbio, cogliendo voti eterogenei –importante l’apporto dei movimenti studenteschi- e pesanti, ma alla luce di quanto avvenuto ha ancora molta strada da percorrere. Chávez ha davanti ancora cinque anni e ha già promesso battaglia e, sicuramente grazie alla sua innata scaltrezza, saprà riproporre il pacchetto di riforme.
Non dimentichiamo poi che Chávez ha perso il referendum, ma riesce lo stesso a trarre una vittoria, perchè ha dimostrato al mondo quello che poi in America Latina già si sa, ossia che in Venezuela c’è democrazia ed i diritti dei cittadini vengono rispettati. La giornata di domenica è trascorsa tranquilla –a parte alcuni piccoli incidenti isolati- e senza frodi e alla fine il presidente, sebbene turbato per la sconfitta, ha accettato il verdetto e si è complimentato con i vincitori. In questo senso il colpo ai suoi tanti denigratori, Usa in testa, è stato duro.
I risultati del referendum:
http://www.cne.gob.ve/index.php
Per le notizie di prima mano ed un'analisi più approfondita vi rimando alla pagina di Piero Armenti: www.notiziedacaracas.it/

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Sunday, December 02, 2007

La lettera di Ingrid

Vi posto il testo integrale (in spagnolo) della lettera inviata da Ingrid Betancourt alla madre:
http://www.radiosantafe.com/2007/12/01/muerta-en-vida-se-declara-ingrid-betancur-en-manos-de-las-farc/

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