blog americalatina

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"Hay muchas maneras de contar esta historia, como muchas son las que existen para relatar el más intrascendente episodio de la vida de cualquiera de nosotros".

Saturday, September 29, 2007

A Bogotá esposti i pedofili

Libardo Martínez e Pompilio Sánchez sono i primi due pederasti a finire esposti in cartelloni pubblicitari nelle vie di Bogotá. Nel testo del manifesto -10 metri di lunghezza per 3 metri di altezza- si legge come il primo sia stato condannato per avere violentato una bambina di 4 anni, il secondo una di 13. I maniaci finiscono su quelli che già vengono chiamati i muri dell’infamia, secondo quanto prevede la nuova legge sull’infanzia, che obbliga anche di mostrare le fotografie dei condannati per reati sessuali sui minori in televisione.
La misura è destinata a fare discutere, ma è indubbio che si sta facendo un favore all’infanzia aggredita ed a quei genitori che spesso, confidano in vicini e conoscenti senza sapere con chi hanno a che fare. La pubblica gogna viene ritenuta da molti un provvedimento medievale, ma in gioco in questo caso c’è il futuro di tanti bambini che vanno tutelati con tutti i mezzi a disposizione. Ciò nonostante, la misura ha già avuto 32 tentativi di censura, giunti ora sui tavoli della Corte costituzionale, che dovrà decidere in merito. Il buonismo, insomma, non è elemento esclusivo del suolo europeo.
A Bogotá, secondo dati ufficiali, cinque bambini al giorno soffrono per le violazioni da parte di adulti. La Colombia è un paese che porta ancora le ferite di una delle vicende più scabrose mai riportate in quanto a violenze sui piccoli. Luis Alfredo Garavito, un agricoltore senza fissa dimora, quando venne arrestato nel 1999, ammise di avere stuprato ed ucciso 172 bambini. Un mostro che ha potuto agire indisturbato in diverse regioni, uno stupratore ambulante che ha violentato e ucciso per anni grazie all’indifferenza della gente (una breve storia di Garavito:
http://www.fiscalia.gov.co/pag/divulga/InfEsp/Garavito.htm).

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Wednesday, September 26, 2007

El Salvador: una comunità contro il piombo

Sitio del Niño è una piccola provincia situata a 35 chilometri dalla capitale del Salvador. Qui, da almeno una decina di anni si è stabilita la Baterías del Salvador, una fabbrica che, come dice il nome, ricicla e produce batterie di automobili con la marca Record, tra le più vendute in America Latina (http://www.grupo-record.com/).
Il risultato di questa presenza, con un’azienda che si è sempre disinteressata delle norme sanitarie, è che il 70% dei bambini del luogo (circa cinquecento) presenta sintomi d’avvelenamento di piombo. Da due anni, la comunità lotta perchè venga riconosciuta la responsabilità della fabbrica e lunedì finalmente il Ministero ne ha ordinato la chiusura.
Un avvenimento senza dubbio che ha quasi dell’incredibile, visto il disinteresse con cui i governi latinoamericani trattano la salute dei propri cittadini. Al Sitio del Niño sono riusciti dove altri hanno fallito per una ragione semplice: le loro vicissitudini sono arrivate sulla stampa internazionale e, soprattutto su Cnn, che ha dedicato un lungo reportage. A questo punto, il governo salvadoregno non ha potuto fare altro che prendere provvedimenti e chiudere finalmente la fabbrica, il cui permesso, tra l’altro, era scaduto da due anni.
Sdegnato il commento del portavoce dell’azienda: “È vero che esiste l’inquinamento da piombo nella zona, ma non è dimostrato che sia prodotto dalla nostra fabbrica”, ed ha terminato affermando come la chiusura sia un precedente nefasto per il settore industriale del Salvador.
L’arroganza di questi figuri non è mai abbastanza. Per il momento, la storia è però a lieto fine, sempre e quando i bambini si riprendano. Su questo link, foto e reportage dal luogo dei fatti:
http://ideasyvoces.blogspot.com/2007/09/afectados-por-plomo-contra-goliat.html
La denuncia presentata dall’arcivescovado contro la Record: http://www.tutelalegal.org/paginas/demandabaterias.htm

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Monday, September 24, 2007

Costa Rica e Cafta alla retta finale

Il 7 ottobre si vota in Costa Rica in un referendum che deciderà se il Paese firmerà o no il Cafta con gli Usa.
I toni si sono improvisamente scaldati negli ultimi giorni. Un paio di pestaggi (operati da esponenti di primo piano del sindacato) ed un funesto memorandum inviato dal vice presidente Kevin Casas ad Óscar Árias hanno vivacizzato una campagna finora a senso unico, con gli spot a favore del Sì a troneggiare su tutti i mezzi di comunicazione.
Casas, pupillo di Árias e con un fratello coinvolto pochi mesi fa da un narcoscandalo, ha suggerito al presidente di lanciare una campagna sporca, che infondesse la paura nella gente: in caso di vittoria del Sì, la Costa Rica sarebbe rimasta senza lavoro e in mano a Chávez e Fidel Castro. Questo, in sintesi, il messaggio che Casas voleva infondere ai propri connazionali. Il documento, che voleva essere segreto, è invece stato divulgato da Semanario Universidad (
http://www.semanario.ucr.ac.cr/), pubblicazione degli studenti della UCR, l’Università di Costa Rica.
Lo scandalo ha portato infine Casas a dimettersi sabato. Árias lo metterà ora in frigorifero, probabilmente fino alle prossime elezioni presidenziali, già che Casas –giudicato dai suoi un giovane politico brillante- ha velleità da Capo dello Stato.
Alcuni blog a favore del No al trattato:
http://tlc-no.blogspot.com/
http://tlcjamas.blogspot.com/
http://www.notlc.com/
A favore del Sì: http://uprivadasi.blogspot.com
Il testo completo del Cafta, in formato pdf, si trova invece qui:
http://www.comex.go.cr/acuerdos/comerciales/CAFTA/textofoliado/default.htm
Per un approfondimento in italiano, vi rimando a Peacereporter:
http://www.peacereporter.net/dettaglio_articolo.php?idc=0&idart=8825).

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Sunday, September 23, 2007

Vacanze finite per Fujimori

Le vacanze di Alberto Fujimori sono finite. In una veloce successione di fatti, venerdì la Corte Suprema cilena ha deciso infine di concedere l’estradizione ed in poche ore el Chino è stato portato dal lusso del Chicureo ad Antofagasta, messo su un aereo e spedito a Lima.
Per il Perù si aprono nuovi scenari. Fujimori torna a casa e già all’aeroporto si è capita l’aria che tira. Alcune centinaia di simpatizzanti si sono radunate ed hanno festeggiato il ritorno del loro leader, mentre al Callao altri sono scesi in strada e si sono scontrati con la polizia. Boia o salvatore della patria, il Chino è pronto per ribaltare l’ordine ed il suo processo oltre a riaprire ferite mai sanate si presterà certamente a manipolazioni e pressioni. Il presidente García ha bisogno dei voti dei deputati fujimoristi per governare e, dall’altro lato, dovrà processare il loro capo. Avrà Fujimori un processo giusto in questo clima? O non stiamo piuttosto assistendo ad una commedia? García si vendicherà di quando fu messo alla gogna dall’ex dittatore, che pose su di lui un ordine di cattura internazionale? O penserà all’opportunismo politico? Si farà giustizia per i ragazzi della Cantuta e per le famiglie di Barrios Altos?
Il ritorno di Fujimori dà spazio più agli interrogativi che alle risposte. Il Perù, che è paese dalle mille possibilità, può serbare sempre grandi colpi di scena e sorprese. Come quella di García, dieci anni fa in esilio e con una condanna sulla testa ed oggi di nuovo presidente. Magari, Fujimori sta proprio pensando a questo ed essere a casa, in fondo, gli giova.
La galleria del Comercio che segue in diretta gli avvenimenti dell’estradizione:
http://www.elcomercio.com.pe/especiales/fujimoriextraditado/especial_fujimori.html

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Wednesday, September 19, 2007

La rivoluzione passa per l'educazione

È iniziato lunedì il nuovo anno scolastico in Venezuela e già gli istituti privati insorgono. Chávez, attraverso il fratello Adán, titolare dell’Istruzione -il nepotismo esiste anche nel socialismo-, ha presentato infatti il Sistema educativo bolivariano, un modello che vuole, come recita l’introduzione al testo: “trasformare la scala di valori capitalista per una scala centrata nell’essere umano”.
Via Cristoforo Colombo, quindi e dentro la storia indigenista, la tradizione multietnica del Venezuela e la rivoluzione chavista al posto dei dominatori e dei conquistadores. Secondo il settore privato, grande sconfitto, si tratta di una manovra per inculcare la propaganda governativa nelle nuove generazioni, per Chávez è invece l’occasione per riscrivere la Storia –e non solo quella- per proporla con un taglio più popolare e meno elitista.
Chávez, figlio di maestri, sa quanto sia importante l’educazione. Mentre negli altri paesi latinoamericani si assiste allo sfacelo dei sistemi educativi, dove i vuoti lasciati dallo Stato vengono riempiti dall’insegnamento privato, caro e selettivo, in Venezuela quest’anno ci saranno mille scuole in più. Il governo bolivariano ha investito soprattutto nelle campagne e nelle province più isolate, dove è ancora grande l’analfabetismo.
Le scuole private dovranno sottostare al controllo del Ministero, che verificherà se il programma viene rispettato. Gli istituti che si opporranno saranno intervenuti e posti sotto la responsabilità dello Stato.
La scuola privata non ci sta, ovviamente e chiama al diritto alla pluralità e all’indipendenza. Di certo c’è che ci troviamo di fronte ad uno scontro tra educazione privata e pubblica. Non si tratta solo di programmi, ma soprattutto di ideologia, dell’educazione vista in un senso mercantile e, nell’altro caso, come missione e responsabilità dello Stato. Per gli istituti privati ci sarà poco da fare: i tempi del confronto sono finiti, ora non rimane che mettersi in regola.
Il Ministero dell’educazione venezuelano:
http://www.me.gov.ve/

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Saturday, September 15, 2007

Diritti sulla carta, meno nella realtà

Le Nazioni Unite hanno riconosciuto, dopo una ventina di anni di dibattito, i diritti delle popolazioni indigene. Ce n’è voluto di tempo, d’altronde i temi trattati non erano di poco conto e senza dubbio accenderanno strascichi in quasi tutti i paesi latinoamericani e non. I diritti sulla terra occupata dagli avi e l’autodeterminazione sono i punti cardine del documento: i governi, nelle intenzioni dell’Onu, d’ora in avanti dovranno chiedere permesso ai popoli indigeni prima di dedicarsi a sfruttamenti vari o occupazioni.
Ma attenzione: la risoluzione non è vincolante, per cui spetta ai vari governi accettare o no quanto suggerito dall’Onu. Questo significa che, mentre Paesi come Bolivia o Venezuela, che agiscono nel rispetto dei diritti indigeni, probabilmente si atterranno a quanto espresso, altri –pensiamo per esempio al Cile e al suo secolare sfruttamento dei Mapuche o al Guatemala- continueranno come se nulla fosse accaduto.
La risoluzione dell’Onu rischia seriamente quindi di rimanere per quello che è: un documento di buone intenzioni, indifferente per i più. La nota positiva è che la sua approvazione segna un precedente di un cammino che, però, ci sembra sinceramente ancora lungo da percorrere.
Per la cronaca, sono stati quattro i paesi che hanno votato contro: Canada, Nuova Zelanda, Australia e –potevano mancare?- Stati Uniti. La cronaca della seduta e perchè questi quattro paesi hanno votato contro:
http://www.un.org/News/Press/docs//2007/ga10612.doc.htm

Tornando sul Canale di Panama, vi segnalo il reportage uscito su Peacereporter:
http://www.peacereporter.net/dettaglio_articolo.php?idc=0&idart=8748

Friday, September 14, 2007

Aiuti al Nicaragua

L’uragano Félix, che la scorsa settimana si è abbattuto sulla costa atlantica del Nicaragua, ha fatto più di cento morti ed ha lasciato centomila persone senza tetto. Il disastro maggiore, di fronte ad un evento della natura come questo, viene però con il passare dei giorni. Félix ha infatti lasciato una sequela di problemi. Persi i raccolti, la popolazione –in maggior parte contadina- non sa con che sopravvivere. Le comunicazioni sono pessime e nella zona si può giungere solo attraverso via aerea, mentre la contaminazione dei pozzi d’acqua dolce rende possibile il propagarsi di malattie. Gli abitanti di Puerto Cabezas, Waspam, Rosita, Sahsa hanno bisogno di alimenti, medicine, acqua potabile.
Mi faccio latore del messaggio dell’Associazione Italia Nicaragua perchè ci si mobiliti a favore delle vittime di questa nuova tragedia:

"L'Associazione Italia-Nicaragua lancia una campagna di raccolta fondi destinata all'emergenza e successivamente alla ricostruzione nella Regione Autonoma dell'Atlantico Nord. I primi fondi raccolti verranno consegnati al SINAPRED il sistema nazionale per la prevenzione e l'intervento nei distastri naturali. Gli altri fondi verranno destinati a progetti di ricostruzione che l'Associazione Italia-Nicaragua individuerà tra quelli proposti.
Coloro che vogliono contribuire possono destinare i contributi al seguente conto corrente bancario: n° 19.990 Banca Popolare di Milano, agenzia 21. Intestato a: Coord. Associazione Italia-Nicaragua Via Mercantini 15 - 20158 Milano Abi: 05584 Cab: 01621 (specificare causale, emergenza uragano Felix)"
Maggiori informazioni si possono trovare sul sito dell’Associazione:
http://www.itanica.org/

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Tuesday, September 11, 2007

Il Guatemala al ballottaggio

In Guatemala è andato tutto secondo le attese. Álvaro Colom, esponente della sinistra moderata e l’ex generale Otto Pérez, andranno al ballottaggio per decidere chi sarà il prossimo presidente della Repubblica. I due non si sono nemmeno avvicinati al 50% delle preferenze necessario per un’elezione al primo turno, per cui dovranno affrontarsi nel testa a testa il prossimo 4 novembre. Colom, mancando poche schede da scrutinare, avrebbe ottenuto il 28% dei voti, mentre a Pérez è toccato il 24%.
Spicca nella giornata elettorale la relativa calma con la quale essa è trascorsa. I mesi della vigilia erano stati tesi, con quasi una cinquantina di omicidi ed un clima di intimidazione tra i più esasperati degli ultimi anni. Domenica, invece, ci sono stati solo alcuni scontri ed un tentativo di bruciare le urne nella località di Santa Rosa, situata nel sud del Paese. Secondo gli osservatori internazionali, non sono però da escludere brogli, anche se limitati ad alcune località delle più remote.
Come previsto, la partecipazione di Rigoberta Menchú è stata poco più che rappresentativa, un segnale per la comunità indigena che può e deve avere partecipazione nelle sedi istituzionali del Guatemala. Per la Menchú si parla di un 3% dei voti, un numero sotto le aspettative, ma che apre uno spazio perchè la politica ed il sociale possano essere fruiti da tutte le frange della popolazione. Il cammino è comunque ancora lungo e pieno di insidie e già il ballottaggio del 4 novembre darà un segnale se il Guatemala è pronto ad un cambiamento. Colom è l’uomo che può segnare una nuova tappa e dare un significato ad una democrazia addormentata, ma la destra -padrona da sempre del destino del paese- non starà certo a guardare.
Il sito del Tribunale elettorale guatemalteco:
http://www.tse.org.gt/

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Saturday, September 08, 2007

Oviedo: il golpista torna libero

Da giovedì scorso c’è un golpista in più libero in Sudamerica. Si tratta di Lino Oviedo, ex generale dell’esercito paraguayano, che nell’aprile 1996 diresse un colpo di stato contro l’allora presidente Wasmosy. Oviedo è popolare in Paraguay, al punto che sebbene incarcerato, era secondo nelle intenzioni di voto per le presidenziali del 2008. Condannato a dieci anni di carcere, ha ottenuto improvvisamente la libertà per avere scontato già metà della pena e grazie alla buona condotta. Una manovra questa che sembra essere il frutto di un accordo politico delle forze conservatrici per evitare l’elezione dell’ex vescovo Fernando Lugo.
La liberazione di Oviedo è stata accolta con favore dal presidente Nicanor Duarte e da tutti i circoli del potere, compresi quelli che sono sempre stati ostili al generale golpista. La destra, insomma, fa fronte comune di fronte al pericolo Lugo. Oviedo, prossimo ai 64 anni, oltre al golpe è stato indicato come il mandante dell’omicidio del vicepresidente Argaña, organizzato da un suo fido partitario, il maggiore Reinaldo Servín. Condannato da un tribunale militare, scappò in Argentina, dove venne accolto dall’amico Carlos Menem. Dall’esilio organizzò un altro colpo di stato nel maggio 2000, fallito anche questo. Riparato in Brasile, il governo di Lula riuscì a rimpatriarlo nel giugno 2004: il suo ritorno in Paraguay coincise con l’inizio della sua prigionia per omicidio e rivolta armata.
Lugo, nell’ultimo sondaggio realizzato pochi giorni prima della liberazione di Oviedo, manteneva un vantaggio di otto punti percentuale sul rivale golpista.
Il sito di Oviedo, con foto e documenti che ne difendono l’operato:
http://www.oviedolinocesar.com/
Lugo ed il suo blog sulla rivista Abc: http://www.abc.com.py/blogs/list.php?autor=4

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Friday, September 07, 2007

Si volta la pagina

Oggi, come annunciato, è in edicola l’ultimo numero di Diario. Sulla pagina web c’è un editoriale dal titolo “Diario chiude e volta pagina”: http://www.diario.it/home_diario.php?page=wl07090600
Mi è toccata la chiusura sui temi latinoamericani con una biografia di Posada Carriles, il terrorista confesso che, nonostante i misfatti, viene trattato da eroe dalla comunità cubana in esilio negli Usa. Ne abbiamo parlato molto in questa sede; grandi novità non ce ne sono, ma la sua storia vale la pena metterla anche nero su bianco sulla carta stampata.
L’invito, naturalmente, è quello di fare un giro in edicola, abitudine che ormai va perdendosi, e comperare questo ultimo numero.

Tuesday, September 04, 2007

Panama: il canale si fa grande

Sono iniziati lunedì i lavori di ampliamento del Canale di Panama. Come nelle migliori occasioni le celebrazioni si sono sprecate, con fuochi d’artificio ed esplosioni (reali) di dinamite davanti ad una selezionata platea di ospiti d’onore: Jimmy Carter, Álvaro Uribe, Daniel Ortega, Antonio Saca oltre a cinquantamila panamensi in festa. Per Martin Torrijos, figlio d’arte, si tratta senza dubbio di un’operazione di popolarità senza precedenti. Per lui, la Storia ha tracciato una ideale continuità con il padre Omar, che
nell’ottobre 1979 aveva firmato con Carter la consegna del canale a Panama.
Quale sarà l’impatto ambientale dei lavori? La domanda è passata sempre in secondo piano in questi anni di progettazione. Sul tavolo sono infatti in gioco commesse per 5250 milioni di dollari, sufficienti per mettere da parte qualsiasi rimostranza. La carica di dinamite di inaugurazione, azionata dallo stesso Torrijos, ha tranciato in due la cima del cerro Paraíso ed intanto, primo giorno di lavoro e primo morto. Il suo nome: Luis Gómez, 44 anni, fulminato da una scarica elettrica.
Eppure, il futuro del canale passa giocoforza per il rispetto dell’ambiente. Ogni nave che attraversa le chiuse ha bisogno di 196 milioni di litri di acqua, che si ottengono grazie alla perfetta comunione tra la foresta tropicale che richiama le piogge e riversa le acque nel lago Gatún, cuore naturale del canale. Negli ultimi anni Panama ha vissuto una deforestazione selvaggia e si teme che questo sistema naturale non riesca più a funzionare.
Gli interessi però sono ingenti e la manodopera assicurata per i prossimi dieci anni concede al progetto un quasi completo appoggio popolare. Resta da verificare se, una volta terminata l’ampliazione, il bacino del Gatún potrà sopportare il traffico.
Al momento, dal canale di Panama passa il 5% del commercio mondiale marittimo, trasportato da circa tredicimila navi (una media di 35 al giorno). I lavori termineranno nel 2014.

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