blog americalatina

Name:

"Hay muchas maneras de contar esta historia, como muchas son las que existen para relatar el más intrascendente episodio de la vida de cualquiera de nosotros".

Thursday, November 29, 2007

Perù: in prigione i ministri di Fujimori

I dieci ministri fujimoristi, che appoggiarono il golpe del Chino del 5 aprile 1992, sono stati condannati a pene da quattro a dieci anni. La sentenza, dettata dalla Corte suprema peruviana, ha una portata eccezionale, se si considera l’impunità di cui hanno sempre goduto gli uomini legati al clan Fujimori, ancora forti ed influenti all’interno dell’attuale governo di Alan García.
Un segnale che vale anche per il Chino: per lui si sta aprendo la voragine di una serie di processi che lo vedranno impegnato –e condannato- per lungo tempo. Il suo primo appuntamento con i giudici è fissato per il 10 dicembre, quando dovrà rispondere di abuso di potere. Sul golpe, invece, non è stato giudicato, già che la richiesta di estradizione inviata in Cile non prevedeva questa incriminazione.
La sentenza ha avuto il risultato di inasprire il dibattito politico. Secondo Keiko, la figlia di Fujimori, quello che successe quindici anni fa non fu un colpo di Stato, ma bensì la ristrutturazione del diritto di autorità in un paese martoriato dall’anarchia e dal terrorismo.
Allora, tutti erano con mio padre” ha detto e come non dargli ragione su questo, ma è anche vero che allora i cittadini non conoscevano i metodi usati per mantenere quell’autorità, lontani da qualsiasi forma di democrazia.
I dieci ministri condannati sono: Juan Briones –dieci anni per lui, al tempo geneale e Ministro dell’Interno-, Jaime Yoshiyama, Carlos Boloña, Absalón Vásquez, Víctor Joy Way, Oscar de la Puente, Jaime Sobero, Alfredo Ross, Víctor Paredes e Augusto Antoniolli.
Dal documentario di Ellen Perry, il golpe del 5 aprile con le dichiarazioni di Fujimori:
http://es.youtube.com/watch?v=2GTzuaXMxww
Un paio di opinioni sui blog peruviani: http://desdeeltercerpiso.blogspot.com/2007/11/un-golpe-condenado.html
http://asiandaelmundo.blogspot.com/2007/11/historico-triunfo-democratico-condenan.html

Labels:

Friday, November 23, 2007

La cellulosa continua a dividere

La Botnia è pronta per processare la cellulosa sul fiume Uruguay. La fabbrica della discordia è agli ultimi ritocchi, mentre le proteste da parte di ambientalisti e dei vicini argentini di Gualeguaychú non cessano. Ieri, la “Buenos Aires” che trasportava il secondo carico di pasta di cellulosa per la fabbrica, è rimasta incagliata su un banco di sabbia e la fermata obbligata è stata approfittata da alcuni attivisti che ne hanno dipinto le fiancate con frasi di ripudio.
Intanto, durante le prove di produzione, si è dovuta chiudere una scuola che sorge nelle vicinanze della Botnia perchè, a causa del forte odore proveniente dalle installazioni, sei bambini hanno sofferto nausea e forti capogiri. Secondo l’azienda, nulla di cui preoccuparsi, ovviamente. Sulla situazione sul fiume Uruguay vi linko le foto di Nicolás Bietti su flickr:
http://www.flickr.com/photos/nicolasbietti/
e la pagina dell’associazione dei cittadini di Gualeguaychú: http://www.noalapapelera.com.ar
La Botnia offre nel suo sito in spagnolo i risultati dello studio d‘impatto ambientale della sua pianta di Fray Bento (formato Pdf): http://www.metsabotnia.com/es/default.asp?path=284,1530,1391


Labels:

Sunday, November 18, 2007

Chávez: il petrolio come conflitto

Per Chávez, quando si tratta di petrolio, non c’è rivoluzione che tenga. Intervenuto alla conferenza della Opec, il leader venezuelano non ha alcun problema nell’affermare che il prezzo di cento dollari il barile è giusto. Dal suo punto di vista il ragionamento è logico, perchè in fin dei conti è sul petrolio che ha costruito il suo potere e su cui si regge tutto il corollario della rivoluzione bolivariana. Nè più nè meno degli odiati Usa, Chávez gioca al gatto con il topo, contribuendo allo smisurato aumento dei prezzi e del costo della vita non solo nel ricco Occidente, ma anche e soprattutto nei paesi poveri che, incapaci di provvedere a sè stessi, devono ricorrere alle importazioni.
Chávez non prende nemmeno in considerazione la proposta di accrescere la produzione del petrolio per contrastare l’indiscriminato aumento dei prezzi, anzi. Secondo lui la Opec deve usare il petrolio per combattere “l’impero” e portare il prezzo del crudo a duecento dollari il barile. Ma di quale impero stiamo parlando? Dei quartieri poveri di Lima o Buenos Aires dove le famiglie non possono comperare combustibile per scaldarsi in inverno? Delle sterminate periferie delle capitali latinoamericane, dove milioni di persone sopravvivono in balia dei giochi e dei risentimenti dei potenti?
Una Opec di questo tipo, come agente di potere, non è altro che un agente di pressione, pericoloso e da rifiutare, come tutti i monopoli in mano a selezionati gruppi di potere. Paradossalmente non lo vuole rifiutare Chávez, paladino degli oppressi, ma sì un monarca assoluto, il re saudita Abdalá, che ha invitato il presidente venezuelano a non alimentare il conflitto attraverso il petrolio.
Non c’è rispetto per la gente nelle parole di Chávez. È in questi consessi che il suo attuare, geniale se si vuole in certe riforme, cade nella meschinità del potere e svuota la rivoluzione bolivariana di significati popolari. Chávez si mette così nello stesso piano di quegli Usa che tanto disprezza, di quei club di spietati milionari che reggono a proprio piacere la nostra sorte. Qual è la differenza, allora, tra gli Usa che invadono l'Iraq per il controllo delle fonti energetiche e Chávez che vuole fare del petrolio uno strumento di conflitto?

Labels:

Thursday, November 15, 2007

Lugo contro il potere

Nicanor Duarte, presidente del Paraguay, è stato a fine ottobre in Italia dove ha incontrato, tra gli altri, anche il papa Benedetto XVI. Una visita, questa, tutt’altro che di cortesia, già che Duarte non è nemmeno cattolico. Duarte e Ratzinger, infatti, si sono incontrati per parlare della candidatura dell’ex vescovo Fernando Lugo alla presidenza della Repubblica paraguayana nelle prossime elezioni di aprile. Il papa ha confermato quanto da tempo la cancelleria vaticana aveva fatto intendere senza mezzi termini: il Vaticano si schiera contro la candidatura di Lugo. Dalla sua entrata in politica, di fatto, il prelato ha incontrato una fortissima opposizione da parte delle massime autorità cattoliche che, per pregiudicarlo, gli hanno anche rifiutato la rinuncia alla carica di vescovo di San Pedro.
Da sessanta anni in Paraguay governa il Partido Colorado, prima attraverso il suo fondatore-padrone Strossner, dopo per mezzo dei suoi seguaci divisi in almeno tre correnti che non si sono risparmiate colpi bassi negli ultimi anni. Duarte, che governa il paese attraverso una corruzione dilagante, ha tentato negli ultimi mesi un riavvicinamento all’ex golpista Lino Oviedo, indultato e perdonato perchè vanta un grosso appoggio popolare. La manovra deriva dal fatto che il Partido Colorado si è reso conto che contro Lugo avrebbe perso le elezioni. Oviedo, ex-colorado ed ora leader in proprio con l’Unace, è l'unico che possa arrestare l’ascesa dell’ex vescovo e finora i sondaggi –di parte, però- danno il golpista al 31,5% contro il 27,5% della coalizione Alianza Patriótica para el Cambio- di Lugo.

Benedetto XVI nell'incontro con Duarte ha dichiarato che la Chiesa deve essere estranea alla politica: un colpo basso per l’ex vescovo ed un favore ad un partito fondato da un nazista e che da 60 anni vessa il Paraguay. Insomma, Lugo contro tutti e tutti contro Lugo.
In questa situazione, il cammino per un cambiamento radicale si fa arduo per il Paraguay.

Labels:

Sunday, November 11, 2007

Al summit sbadigli e liti

Chávez, Zapatero ed il re Juan Carlos bisticciano. Il video l’hanno visto quasi tutti. Ve lo posto comunque. Così si regolano le cose nei summit per l’America Latina. Ce n’è in tutte le salse: Zapatero che tira le orecchie a Chávez:
http://videos.abc.es/informaciondecontenido.php?con=2870
il re spagnolo che se ne va mentre parla Ortega:
http://www.youtube.com/watch?v=HL9p8I3lOFA
Se c’era bisogno di un gesto per evidenziare la spaccatura in atto all’interno dei paesi latinoamericani, non ci si poteva aspettare null’altro di più eloquente. Due Americhe e due visioni completamente differenti, ma anche tanta retorica. Il summit di Santiago, se non fosse stato per la conclusione, ha strappato una catena di sbadigli e la consapevolezza che questi incontri servono sempre a meno. Su una cosa vorrei però soffermarmi: la protesta delle donne cilene per la presenza a Santiago di Daniel Ortega. La legge che vieta in Nicaragua l’aborto terapeutico continua ad uccidere decine di donne il cui dramma passa nell’assoluto silenzio. Succedeva ieri nel Cile di Pinochet, succede oggi nel Nicaragua di Ortega.

Labels:

Friday, November 09, 2007

Colom per il Guatemala

Álvaro Colom è il nuovo presidente del Guatemala. Nel ballottaggio di domenica scorsa ha ottenuto quasi il 53% delle preferenze sul rivale, l’ex generale Otto Pérez, che si è fermato al 47%. Dopo una campagna violenta, che ha lasciato decine di morti, su tutto il processo elettorale ha pesato il solito inossidabile astensionismo, che ha fatto di queste elezioni una questione privata: alla fine, il 52% dei guatemaltechi non è andato a votare. Soddisfatti, però, gli osservatori internazionali: giá che Pérez ha riconosciuto la vittoria del rivale e che nella giornata del 4 novembre non ci sono stati morti ammazzati, per loro si è trattato di una “prova di maturità della democrazia guatemalteca”.
Evidentemente, i quasi cinquanta omicidi che hanno preceduto le elezioni, l’astensionismo galoppante ed il completo disinteresse di più della metà degli elettori non sono temi sufficientemente validi perchè gli osservatori parlino invece di una democrazia con gravissimi problemi.
Proprio a Colom, rappresentante di un centro-sinistra sul quale pesano molti interrogativi, toccherà l’arduo compito di ridare fiducia ad un paese che non ha mai saputo risanare le ferite della guerra interna di trentasei anni. Che a vincere sia stato lui e non Pérez è già di per sè un fatto positivo e l’aver invitato il suo rivale nel governo è un segno di scaltrezza politica che potrebbe fare bene al Guatemala. Colom sa che non può governare senza consenso e, se davvero vuole cambiare il Paese, avrà bisogno di mettersi d’accordo con chi davvero tira i fili del potere. La via delle riforme è lunga: il Guatemala è un malato sociale, rimane ora appurare fino a dove arrivi la volontà di guarirlo.

Colom si installerà il prossimo 14 gennaio.

Labels:

Sunday, November 04, 2007

Villahermosa non è New Orleans

Due anni fa, in occasione dell’alluvione di New Orleans, avevo notato come le tragedie hanno diversi livelli di percezione. Per la città della Louisiana si era mobilitato allora tutto il mondo e le immagini struggenti della città ferita erano giunte nelle nostre case muovendo non solo le critiche per la lentezza con cui il governo statunitense aveva trattato l’emergenza, ma anche mobilitando una rete di soccorsi e solidarietà senza precedenti.
Avevo parlato al tempo che nè Mitch ed altre disgrazie che hanno toccato negli ultimi anni il Centroamerica erano riuscite a penetrare così a fondo l’animo delle persone del primo mondo. Forse perchè New Orleans è mentalmente più vicina che Puerto Cabezas o La Ceiba. La Louisiana è parte del primo mondo, il Centroamerica entra invece nel novero dei poveracci che, in quanto poveri, alle disgrazie devono esserci abituati. Quindi è “normale” che agli indigeni dell’Atlantico nicaraguense o dell’Honduras cadano addosso uragani, maremoti, alluvioni e conseguenti carestie ed epidemie.
Oggi, come ieri, la storia si ripete. Lo Stato di Tabasco, nel sud del Messico, sta vivendo una delle peggiori tragedie della sua storia, ma pochi se ne sono accorti. La sua capitale, Villahermosa, che conta con l’hinterland mezzo milione di abitanti, è completamente allagata. Ci sono saccheggi, scomparsi, il rischio di infezioni, migliaia di persone lasciate alla propria sorte. Ma Villahermosa non è New Orleans, non ci sono nè jazz nè Mardi Gras, è solo un altro punto dell’America Latina.
Su flickr, il fotografo 8zil, ha pubblicato un esauriente fotoreportage sulla situazione che si vive nella capitale di Tabasco (la foto che pubblico è sua):
http://www.flickr.com/photos/8zil/

Labels: