blog americalatina

Name:

"Hay muchas maneras de contar esta historia, como muchas son las que existen para relatar el más intrascendente episodio de la vida de cualquiera de nosotros".

Thursday, November 30, 2006

Gli Usa aprono a Ortega

Con una decisione scontata, visto il risultato delle elezioni ed il clima politico che ne è seguito, il Dipartimento di Stato Usa ha deciso di aprire il dialogo con Daniel Ortega.
Cercheremo di avere una buona relazione con il governo” ha dichiarato il Sottosegretario di Stato, Thomas Shannon “ma approfondiremo anche il contatto con la società civile e le altre forze politiche”.
Shannon parla di compromesso con il popolo nicaraguense e le sue dichiarazioni, in fondo, fanno intendere che gli Stati Uniti continueranno a mantenere, nel bene o nel male, la loro ingerenza nella politica nicaraguense.
La visita di Shannon, che ha incontrato personalmente Ortega, segna una svolta nell’attitudine di Washington verso i governi di sinistra dell’America Latina. La sensazione è che ora, di fronte all’unità dimostrata dai governi latinoamericani nonostante le differenze di vedute e di colore politico –tranne alcuni casi isolati-, gli Usa tentino di recuperare il terreno perduto. Non sarà un compito facile, già che gli Stati Uniti in realtà non sembrano ancora avere un’idea precisa sulla linea che deve seguire la loro politica estera in America Latina.
Ortega nei giorni scorsi ha visitato le varie capitali centroamericane alla ricerca di tranquillizzare i vari governi della zona. Non si è parlato solo di scelte politiche e di commercio. Il Nicaragua possiede ancora più di un migliaio di missili Sam-7, abbastanza vetusti, ma sempre pericolosi. Il nuovo presidente ha affermato che vengono mantenuti in attività solo per la difesa del Paese e nel suo discorso in Honduras è andato oltre le previsioni, parlando della futilità delle frontiere e dell’inutilità delle dispute per il controllo delle zone di confine.
Il Nicaragua sta affrontando due dispute: uno alla frontiera nord con l’Honduras per il controllo di alcuni speroni nel golfo di Fonseca e uno nel sud, dove la Costa Rica ha portato il governo nicaraguense all’Aja per risolvere le differenze sorte sull’uso del fiume San Juan. Il messaggio è stato chiaro: dobbiamo pensare di più al benessere della nostra gente che alla difesa delle frontiere. Non è da poco, potrebbe essere un segnale di quella che sarà la politica di Ortega durante la sua presidenza

Labels: ,

Wednesday, November 29, 2006

Bolivia: la marcia indigena

Tre marce che hanno riunito più di cinquemila indigeni sono arrivate oggi a La Paz a chiedere la consegna di terre. La protesta risponde alla negazione dell’opposizione di destra al presidente Morales di votare la legge sulla riforma agraria che mantiene il Congresso bloccato da ormai una settimana. Si tratta in maggioranza di indigeni guaraní, che provengono dall’oriente amazzonico e che stanno chiedendo la consegna del titolo di proprietà delle terre improduttive che circondano la loro regione. I guaraní sono riuniti attorno alla Cidob (http://www.cidob-bo.org/). È questa la prima dimostrazione di forza da parte dei movimenti indigeni dopo la decisione dei deputati della destra di impedire il voto alla legge sulla riforma agraria e della nuova Costituzione politica.
Gli indigeni hanno assicurato il loro appoggio al presidente Morales che li ha incontrati nel mezzo di due viaggi: proveniente dall’Olanda ora viaggerà in Nigeria e a Cuba.
Le altre due marce sono organizzate dalla Conamaq (
http://conamaq.nativeweb.org/) e dalla potente Confederación Sindical Única de Trabajadores Campesinos (http://www.puebloindio.org/ceacisa.htm).
L’opposizione, intanto, ha chiamato allo sciopero generale, previsto per venerdì, mentre almeno trecento dei loro esponenti stanno svolgendo uno sciopero della fame. Nodo della questione, in questo caso, è un tecnicismo sulla Costituente: per Morales la sua approvazione deve avvenire per maggioranza; per i suoi avversari, con i due terzi dei voti. Tecnicismo non da poco, già che da esso dipende il futuro della riforma della Repubblica (
http://www.constituyente.bo/)

Labels:

Tuesday, November 28, 2006

Cocaina in ribasso

L’Italia ha firmato ieri a Roma un accordo di cooperazione per la lotta contro il narcotraffico con otto paesi latinoamericani: Argentina, Cile, Costa Rica, Repubblica Dominicana, Colombia, El Salvador, Messico e Venezuela. A presiedere l’iniziativa c’era il procuratore antimafia, Pietro Grasso, con l’ambasciatore colombiano Sabas Pretelt.
L’accordo si basa su un corollario molto semplice: l’America Latina produce, l’Europa consuma. Il mercato della cocaina negli ultimi tempi è crollato e le mafie stanno cercando dove immagazzinare la droga –trattenendola alla vendita- perchè la relazione tra domanda ed offerta ritorni ad essere competitiva. In vista di questa grande quantità che prende (e prenderà) la via dell’Europa, l’Italia cerca di prevenire rendendo la burocrazia più agile. Nei procedimenti di verifica da parte degli organi di polizia, già non sarà necessario l’intervento del Ministero degli Interni, ma le Procure potranno agire indipendentemente.
Nei giorni scorsi si sono tenuti a Roma gli Stati generali dell’antimafia. Sul sito di Libera c’è il documento finale:
http://www.libera.it/index.asp?idpagine=636

Labels:

Monday, November 27, 2006

L'Ecuador svolta a sinistra

Correa ha vinto e l’Ecuador svolta a sinistra, su una strada che ha già parzialmente percorso nemmeno un paio di anni fa quando a sedere sulla poltrona presidenziale era stato chiamato Lucio Rodríguez. L’ex colonnello, però, era caduto sui difetti di sempre: amicizie pericolose, inesperienza, nepotismo lo avevano affossato in fretta. Ora sarà da verificare che Correa sia fatto di una pasta differente: le avvisaglie non sono delle migliori, già che per la sua vittoria sono stati decisivi i voti della gente di Rodríguez. L’Ecuador cambia presidente come si trattasse di cambiare scarpe, con una frequenza impressionante. Il voto è passionale, piuttosto che razionale e gli effetti si sono visti e si vedono. Il popolo elegge attraverso le schede e poi lo stesso popolo, attraverso la rivolta, si libera dell’errore compiuto in sede elettorale. Tutto molto semplice, ma dispendioso e inefficace ai fini dello sviluppo del Paese.
Noboa, intanto, promette battaglia, non riconosce la vittoria di Correa e dice che chiederà il riconteggio di tutte le schede. Il magnate delle banane da dieci anni cerca di diventare presidente dell’Ecuador. È un uomo che già possiede tutto, ma a cui la carica politica serviva per contrastare l’avanzata populista di Lucio Rodríguez (come dicevamo, decisivo nella vittoria di Correa) e della massa degli scontenti. Non c’è l’ha fatta nemmeno ora e per la terza volta consecutiva si è dovuto ritirare sconfitto.
L’attitudine di Noboa, nel non riconoscere la vittoria dell'avversario, è già di per sè un elemento di destabilizzazione. D’ora in avanti, farà di tutto per evitare che l’Ecuador entri nell’orbita chavista. Il Tribunale elettorale ecuadoriano, con il conteggio dei voti:
http://www.tse.gov.ec/
La pagina web di Rafael Correa: http://www.rafaelcorrea.com/

Labels:

Saturday, November 25, 2006

Giornalismo senza anima

Freddy Muñoz, il corrispondente di Telesur in Colombia, rimane in carcere. Per lui resta in piedi l’accusa di fiancheggiamento alle Farc e, mantenendo aperto il caso, di fatto le relazioni tra Venezuela e Colombia tornano a raffreddarsi.
Telesur è la catena televisiva voluta da Hugo Chávez come alternativa ai canali via cavo che dagli Stati Uniti inondano l’America Latina (
http://www.telesurtv.net/) ed ha sempre mantenuto un atteggiamento piuttosto critico nei confronti del presidente Uribe. Oggi è sceso in campo Andrés Izarra, presidente di Telesur che, dopo aver letto le accuse, le ha considerate deboli e incongruenti. Di fatto, il principale accusatore di Muñoz, Jorce Eliecer, era in carcere già da due anni al tempo dei fatti imputati al giornalista (un attentato dinamitardo).
Secondo Izarra si dà più importanza alla testimonianza di tre “pentiti” che vorrebbero salvarsi da alcuni anni di prigione, piuttosto che ai dodici anni di lavoro giornalistico di Muñoz, da tempo ritenuto scomodo in Colombia per i suoi reportage sul conflitto tra esercito e Farc.
Il caso è destinato a continuare e a sollevare opinioni contrastanti.
Intanto, in Italia, i blogger Antonio Pagliula, Annalisa Melandri ed Elio Bonomi, attraverso una lettera congiunta, hanno criticato l’operato dei media italiani, che non hanno speso nemmeno una riga sul caso di Freddy. La lettera è stata inviata ad Ezio Mauro di Repubblica, già che da questo giornale almeno ci si aspetta attenzione sul destino della categoria.
Io dico: niente da meravigliarsi. Nei giorni scorsi sono stati uccisi in Messico due giornalisti, Roberto García e l’ex direttore di Excelsior, José Manuel Nava. Quest’ultimo, in particolare, aveva appena pubblicato un libro (“El asalto final”) che narrava il modo illegale con cui una cordata di spietati imprenditori e politici aveva affossato il suo Excelsior (uno dei giornali più diffusi in Messico). Aveva fatto i nomi e cognomi dei suoi nemici ed è stato messo a tacere. (Su Nava trovate un lungo profilo, con intervista e notizie sulla sua morte su:
http://www.reportajesmetropolitanos.com.mx/reportajes.htm)
Eppure, sui giornali italiani non se ne parla. Cosa manca alla maggioranza dei nostri giornalisti e, soprattutto, ai nostri direttori? Un poco di tutto: coraggio, autostima, informazione, la mancanza di visione, conoscenza, indipendenza. Le redazioni italiane sono in gran parte bottino politico e, per questa ragione, devono spendere tempo e spazio per osannare la corte dei mediocri politici che le finanziano.
Con questo panorama, tocca a noi, attraverso i nostri blog ed i pochi media realmente indipendenti, fare il lavoro di denuncia.
Vi ricordo le pagine di Antonio, Annalisa ed Elio:
http://verosudamerica.blogspot.com
http://www.annalisamelandri.it
http://www.mondolibero.blogspot.com



Labels: ,

Friday, November 24, 2006

Bolivia: le riforme devono aspettare

La riforma agraria in Bolivia dovrà aspettare. Evo Morales ha dovuto subire un forte colpo dall’opposizione che si è ritirata dal Congresso ed, essendo la maggioranza, non gli permette di votare la legge che consegnerebbe le terre non produttive alle famiglie contadine. Morales ha parlato di “colpo di stato istituzionale” ed ha accusato la destra di Podemos di voler proteggere gli interessi di quel 10% di proprietari che posseggono l’80% delle terre improduttive (per informazione, solo il 4% della terra è in mano a contadini ed indigeni).
Lo stallo, preparato e voluto dall’opposizione, è infine arrivato. La nuova Costituente non decolla, mentre i governatori delle benestanti province dell’Oriente si rifiutano di votare la riforma tributaria. I due paesi, le due anime della Bolivia tornano di nuovo ad affrontarsi con impeto, e mentre Morales alza la voce, il suo vicepresidente Álvaro García cerca il dialogo per ricucire l’ennesimo strappo.
Con la paralisi del Congresso, infatti, non è solo la riforma agraria a fermarsi, ma anche altri ed importanti progetti come la ratifica degli accordi con le transnazionali del petrolio, necessari per continuare il processo di nazionalizzazione degli idrocarburi. Sospesi, per il momento, anche i prestiti del BID (il Banco Interamericano de Desarrollo di cui parlavamo pochi giorni fa) e i fondi per affrontare le emergenze climatiche.
Le dichiarazioni di Morales:
http://www.presidencia.gov.bo/

Labels:

Thursday, November 23, 2006

Chávez Vs. Rosales

Il 3 dicembre si avvicina e Chávez non va in televisione. Il suo avversario, Rosales, lo ha invitato a più riprese, ma l’ex colonnello non ha intenzione di raccogliere la sfida. Sarà che Chávez si mantiene fedele a uno dei suoi motti favoriti, “le aquile non cacciano mosche” e reputi il governatore di Zulia poca cosa. Le elezioni in Venezuela, benchè siano ormai alle porte –il 3 dicembre- non sembrano appassionare molto. Da una parte c’è l’indigestione di voto che ha trasformato questo 2006 in un anno elettorale senza precedenti; dall’altra, il fatto che da qualche tempo si dà per scontato che Chávez debba vincere.
Eppure, l’opposizione venezuelana sembra ora meglio organizzata che in occasioni precedenti. Manuel Rosales sta ricevendo l’appoggio di vari settori, le immagini di televisione mostrano una partecipazione di massa ai comizi del leader oppositore e i sondaggi lo danno in continua ascesa.
La stessa Datanálisis (
http://www.datanalisis.com.ve/) vicina al governo, ammette che Rosales è già arrivato a tenere un 30% delle preferenze. L’ago della bilancia saranno di nuovo gli indecisi, considerati attualmente il 51% dell’elettorato.
Rosales, poco conosciuto ai lettori europei, ha 54 anni, una tribù di figli (otto) ed è stato fino ad agosto governatore dello Stato di Zulia, la regione che più sente la presenza del narcotraffico e della guerriglia. Politico di professione, conservatore,
nel 2002 è stato tra i partecipanti del golpe contro Chávez, con tanto di firma in calce nell’atto di deposizione del presidente. Qui la sua pagina web: http://www.atreveteconmanuelrosales.com/
Qui, invece, Hugo Chávez: http://www.comandomiranda.org/

Labels:

Wednesday, November 22, 2006

Messico: due timonieri, il paese alla deriva

López Obrador non è mai stato un tipo da non mantenere le promesse. Caparbio, ostinato, il leader della sinistra messicana l’aveva detto pochi mesi fa e si è autoproclamato, davanti ad una platea di centinaia di migliaia di persone, presidente eletto del Messico. Un atto che stabilisce, se ce ne fosse stato bisogno, la doppia anima di questo paese che da tempo ha perso non solo il suo ruolo guida all’interno della comunità internazionale latinoamericana, ma anche la propria identità. Dopo la caduta della dittatura democratica del Pri, la gestione di Vicente Fox –nonostante la mediocrità del personaggio- era attesa come un’opportunità unica per una rinascita sociale, culturale ed economica del Messico. La presidenza di Fox è stata invece perfino peggiore di alcune del Pri: la situazione interna è allo sfascio (narcotraffico, corruzione, violenza, istanze sociali si rincorrono dal Río Bravo al Chiapas) ed in materia internazionale il Paese è rimasto schiacchiato tra il peso delle squinternate decisioni degli Usa in era Bush e i cambiamenti politici che hanno trasformato il resto del continente. Gli Usa tirano da una parte, l’America Latina dall’altra ed il Messico è andato a fondo, incapace di schierarsi o di offrire una via propria.
In questo panorama non c’è da sorprendersi se sorge un López Obrador a proclamarsi il presidente legittimo al termine di un processo elettorale marcato dai soliti brogli. Le reazioni internazionali sono state di rifiuto a questa presa di posizione, mentre Calderón ha giudicato l’atto come una prova delle libertà democratiche del Messico. In realtà se Calderón spiega così la trovata di López Obrador c’è da preoccuparsi. Il problema del Messico è proprio questo: ognuno fa quello che gli pare, nessuno vuole prendersi responsabilità e questa non è democrazia, ma anarchia. Il conflitto di Oaxaca ne è una prova: da sei mesi polizia e militari si prendono a sprangate con la gente comune (maestri, impiegati, operai, studenti) ed il governo centrale non è riuscito a trovare una soluzione. Il narcotraffico si è ormai insediato nello Yucatán, ultima frontiera della perdizione; si ammazzano i giornalisti che denunciano (due nell’ultima settimana); la corruzione dilaga a tutti i livelli della società; Oaxaca è in rivolta; il Chiapas continua nell’abbandono; le donne sono volutamente e premeditamente oggetto di violenza; la strada dell’emigrazione è stata sbarrata da un muro e dalla National Guard.
Nessuno risolve i conflitti nel Messico del nuovo secolo. L’economia, almeno, tira ancora un poco. Sufficiente per i signori che muovono le sorti del Paese: finchè si fanno soldi, che il paese vada pure allo sfascio.

Labels:

Tuesday, November 21, 2006

Debito zero per Nicaragua, Honduras e Bolivia

Il BID –il Banco Interamericano de Desarrollo- grande finanziatore dei progetti in America Latina e, di fatto, una delle entità che con la sua politica ha ingigantito il debito estero delle nazioni latinoamericane, ha deciso di perdonare gran parte del debito dei cinque paesi più poveri del continente, Honduras, Bolivia, Nicaragua, Haiti e Guyana.
Nel caso del Nicaragua dovrebbe trattarsi di quasi 900 milioni di dollari dei 2400 che deve all’ente finanziario. Daniel Ortega, che inizierà a governare a gennaio, si troverà così a fare fronte ad un debito estero risanato, che si avvicinerà al volume delle esportazioni, un toccasana per l’economia del Nicaragua.
La Bolivia riceverà un condono di 300 milioni di dollari, l’Honduras di 133 milioni e la Guyana di 65. Non è ancora stata precisata la cifra che riguarda Haiti. È possibile, però, che l’ammontare del condono possa variare, fino a quando almeno non venga firmato il dettaglio dell’accordo, previsto per marzo 2007.
La decisione del BID è venuta dopo che altri organismi internazionali, come il Fondo Monetario e la Banca Mondiale, hanno deciso nei mesi scorsi di condonare il debito. Il BID è formato dai 46 paesi del continente americano, ognuno dei quali apporta fondi per progetti che, sulla carta, servono a combattere la povertà. L’organismo è però in mano a chi investe di più, e cioè gli Stati Uniti, che da soli provvedono a solventare il 50% dei finanziamenti che rientrano nel tempo attraverso gli interessi. La condizione bisognosa di alcune nazioni rende però questi debiti impossibili da recuperare. Il condono viene visto come un investimento a lungo termine: migliorando la situazione di economie disastrate come quella nicaraguense o boliviana, si apre nel futuro una maggiore gamma di progetti da finanziare con svariate opportunità di affari.
Il sito del Bid:
http://www.iadb.org/index.cfm?language=spanish

Labels:

Monday, November 20, 2006

Centroamerica violento

La media deli omicidi in Honduras, Guatemala ed El Salvador supera quella mondiale stabilita dall’Organizzazione mondiale per la salute (dato fissato in 8,8 per 100.000 abitanti). Nel Salvador ci sono almeno dodici morti violente al giorno, in un paese che è grande come il Piemonte e con una popolazione di poco più di cinque milioni e mezzo di abitanti. Questi dati lo collocano tra i paesi più violenti e pericolosi del mondo
Nel Guatemala sono invece 14 gli omicidi registrati quotidianamente, in Honduras nove (11 omicidi per 100.000 abitanti). Il Centroamerica diventa ogni giorno più violento ed i fattori dell’incremento dei delitti ha cento ragioni che non ci stancheremo mai di elencare: la mancanza di politiche sociali o di prevenzione, il declino degli investimenti nell’educazione, la proliferazione delle armi e del narcotraffico, la corruzione nella polizia, l’insufficienza di programmi di recupero per l’adolescenza a rischio. Eccetera, naturalmente.
I tre paesi centroamericani sono quelli che più hanno dato sfogo a politiche di repressione nei confronti della delinquenza organizzata. Negli ultimi anni hanno riempito le proprie carceri generando, invece di un declino della criminalità, una guerra tra le autorità e le bande, con il relativo aumento di omicidi e di episodi violenti.
Pesa poi l’eredità delle guerre. In Guatemala, nel Salvador, in Nicaragua, si sono firmati accordi di pace, ma le armi della guerriglia non sono mai state consegnate. In migliaia sono finite sul mercato nero di tutta la regione, alimentando morte e distruzione.
I governi, ciechi alla complessità del problema, continuano a promuovere la repressione come risulta da questa intervista al presidente del Salvador, Tony Saca, sulla militarizzazione della lotta alle pandillas:
http://oem.com.mx/elsoldesanluis/notas/n67575.htm

Labels:

Friday, November 17, 2006

Playstation e cioccolatini per Cuba

Siamo ormai al ridicolo sul tema dei fondi che gli Usa stanziano per lo sviluppo della democrazia a Cuba. A parte le armi agli esiliati o le mazzette ai giornalisti, ora si è venuto a conoscenza che la maggior parte degli svariati milioni di dollari stanziati sono finiti in cioccolatini, biciclette e videogiochi. La democrazia, evidentemente, secondo i canoni del governo Bush, si esporta così.
In nove anni di aiuti e 73 milioni e mezzo di dollari, gli Usa hanno inviato ai dissidenti cubani Nintendo, Playstation, mountain bike, maglioni di cachemire, polpa di granchio, cioccolatini, giacche di cuoio, seghe elettriche. Con questi mezzi i dissidenti avrebbero dovuto promuovere un cambio di tendenza politica nell’isola. Secondo i conti del Gao (una specie di Guardia di Finanza statunitense), il 95% dei fondi per la democrazia a Cuba sono stati deviati per l’acquisto di materiale completamente inutile.
Secondo Juan Carlos Acosta, di Acción Democrática Cubana, uno dei gruppi destroidi che si sono visti avvantaggiati dai fondi, questi oggetti sono stati inviati a Cuba “perchè i cubani muoiono di fame” (
http://www.adcuba.org/). Avete mai provato a mangiarvi un Playstation?
Il reportage del Miami Herald che ha rivelato lo scandalo:
http://www.miami.com/mld/elnuevo/news/world/cuba/16013504.htm
Questi, invece, i cioccolatini inviati a Cuba per finanziare la controrivoluzione: http://www.godiva.com/

Labels: ,

Thursday, November 16, 2006

Guatemala: la fragile democrazia

La democrazia guatemalteca vacilla. Le richieste di estradizione presentate nelle settimane scorse contro otto militari coinvolti nella repressione e nel genocidio degli anni Ottanta hanno trovato la ferma opposizione dei tribunali del Paese. Dopo Ríos Montt, anche Víctores Mejía non sarà estraditato in Spagna per rispondere di una lunga serie di reati, tra cui l’incendio dell’ambasciata spagnola a Ciudad del Guatemala, che fece 37 morti e l’assassinio di quattro sacerdoti della stessa nazionalità. Víctores Mejía, ex generale golpista, nonostante il verdetto favorevole, è profugo. Il 6 novembre, il tribunale aveva infatti accolto la richiesta di estradizione, decisione ora refutata dalla giudice Morelia Ríos.
La giustizia guatemalteca si rifiuta di guardare in faccia la storia e si rifugia dietro tecnicismi che evitano che le persone che si sono macchiate della morte di migliaia di persone, della tortura e dell’esodo forzato di intere popolazioni, paghino i loro misfatti. È una prova della debolezza della democrazia guatemalteca che, dopo anni da quegli orrendi misfatti, continua a subire l’influenza ed il potere della cupola militare e dei grandi vecchi del regime.
L’unico ad essere stato inviato in prigione degli otto accusati è l’ex ministro della Difesa, Aníbal Guevara, evidentemente caduto in disgrazia.
Il sito della Fondazione Myrna Mack, che lotta per il rispetto dei diritti umani in Guatemala:
http://www.myrnamack.org.gt/

Labels:

Wednesday, November 15, 2006

Quando il terrorista è amico

Santiago Álvarez e Osvaldo Mitat sono, in fin dei conti, dei terroristi. Nel loro ufficio di Miami la polizia Usa trovò giusto un anno fa, un vero arsenale: armi automatiche, migliaia di munizioni, maschere antigas, granate, esplosivi di varia natura. Alla nostra Baraldini i reati di ideologia costarono 43 anni, ad Álvarez e Mitat trovati con un arsenale e in pieno clima di nevrosi terrorista, rispettivamente quattro e tre anni di carcere.
La differenza? Álvarez e Mitat sono i complici di Posada Carriles, che per anni ha organizzato attentati ad obiettivi cubani in tutto il continente americano.
Sono patrioti e possono accettare in pace la condanna, conseguenza della loro lotta per la democrazia a Cuba” ha detto il loro avvocato. Non sappiamo cosa ci sia di democratico nel fare scoppiare un aereo in volo (73 morti) o nel mettere bombe negli alberghi: questi sono solo degli assassini.
Il terrorista amico degli Usa ha ora la strada spianata per la scarcerazione. Il Dipartimento di Stato non ha infatti trovato un paese che ne accolga la detenzione (Cuba e Venezuela sono stati scartati a priori) per cui a partire dal primo febbraio 2007 Posada Carriles potrà tornare in libertà. Sarà capace l’Italia a chiederne l’estradizione perchè risponda della morte di Fabio di Celmo, ucciso all’Avana da una sua bomba? Qui un articolo sul tema:
http://www.voltairenet.org/article142585.html#article142585
firmato da Jose Saramago, Noam Chomsky, Nadine Gordimer, Adolfo Pérez Esquivel e Gianni Miná.
La pagina degli amici di Posada Carriles, la FNCA, che ha finanziato gli attentati agli hotel dell’Avana dove ha trovato la morte Fabio di Celmo:
http://www.canf.org/

Labels:

Tuesday, November 14, 2006

Fujimori: un altro smemorato

L’aria del Cile sembra avere un effetto speciale: dopo Pinochet, anche Fujimori dice di non ricordare nulla o quasi delle accuse che il governo peruviano gli imputa.
“El Mercurio” ha pubblicato i risultati degli interrogatori all’ex uomo forte del Perú, già che in questi giorni il processo di estradizione ha vissuto uno dei momenti più importanti. Fujimori è stato infatti interrogato dal giudice Orlando Álvarez. I “non ricordo” e “non lo sapevo” sono stati all’ordine del giorno negli interrogatori, durante i quali “El Chino” ha insistito sul fatto di essere protetto da immunità in quanto Capo di Stato di una nazione straniera.
Sulla sua relazione con Montesinos, Fujimori ha detto: “Il nostro rapporto era esclusivamente di lavoro, non eravamo amici”. Sui massacri compiuti dal gruppo Colina, stessa storia: “Non sapevo dell’esistenza del gruppo... come Presidente della repubblica, ho saputo delle stragi quando già erano state consumate”.
Fujimori è richiesto in Perù per rispondere a 13 accuse che vanno dalla corruzione al concorso in strage, dal peculato alla violazione dei diritti umani. Il giudice Álvarez darà una risposta alle autorità peruviane in un tempo massimo di due mesi. Qui il reportage del Mercurio:
http://diario.elmercurio.com/2006/11/12/nacional/nacional/noticias/D9574230-4616-422C-B49D-8F9234F2635C.htm
Dieci anni di violazione ai diritti umani durante la presidenza Fujimori sono riassunti in questa pagina: http://www.fujimoriextraditable.org.pe/

Labels:

Monday, November 13, 2006

L'umanesimo di Botero

Fernando Botero parla della sua mostra su Abu Ghraib che è approdata a New York dopo essere stata in Italia, Grecia e Germania. In un’intervista rilasciata a diversi mezzi di comunicazione, il pittore colombiano ha parlato dei diritti umani e della svolta che le torture nel carcere iracheno ha rappresentato per il mondo occidentale ed i suoi valori.
Uno si aspetta questo comportamento da gente come Idi Amin in Uganda, però non dal Paese che afferma di essere il difensore dei diritti umani nel mondo” ha dichiarato Botero.
Per me è stato uno shock sapere che gli Stati Uniti stavano facendo nello stesso luogo di prigionia, le stesse cose che aveva fatto Saddam”.
Sono rimasto impressionato. La gente penserà che io come colombiano non possa esprimere un giudizio, ma la libertà d’espressione è universale. Ho voluto fare diventare visibile l’invisibile. Dire la verità non mi fa diventare anti americano: ho solo plasmato la realtà in una serie di quadri”.
Per approfondire il pensiero di Botero e le sue opere, c’è su Peacereporter un’esaustiva intervista in italiano al pittore, redatta da Alessandro Grandi:
http://www.peacereporter.net/dettaglio_articolo.php?idpa=&idc=7&ida=&idt=5&idart=2904
Le opere sono esposte alla galleria Marlborough. Qui una selezione: http://www.marlboroughgallery.com/artists/botero/artwork.html

Labels: ,

Sunday, November 12, 2006

Da ostaggio a pescatore (mancato)

Mi sono preso un paio di giorni di vacanza per riprendermi da un’esperienza poco simpatica. Sono stato infatti preso in ostaggio durante una rapina conclusasi per fortuna senza spargimento di sangue (del mio, in particolare, già che ero l’unico in mano ai banditi). La sparatoria c’è stata, i banditi sono riusciti a fuggire, io me la sono cavata, la polizia brancola nel buio, tanto per cambiare.
Comunque: pura vida, la Costa Rica è anche questo, se avete pensato a cambiare vita mettetelo sul piatto. In undici anni è la terza volta che mi sparano contro.
Così me ne sono andato a pescare un paio di giorni nel golfo di Nicoya a disintossicarmi e per staccare un attimo dalla città e dalla porcheria di gente che cerca di risolvere la propria misera vita facendosi largo a colpi di pistola. Non ho pescato niente, ma ho visto delfini, tartarughe e mante, oltre ad una impressionante natura. Ho fatto il bagno in baie di isole disabitate e cercato di riappacificarmi con il genere umano.
Domani ricomincio a postare con regolarità.

Thursday, November 09, 2006

Ortega e il potere

Vince Ortega ed ora tutti si chiedono cosa succederà in Nicaragua. Sono tra quelli che pensano che non accadrà nulla di speciale. Ortega è stato ed è il capo indiscusso del sandinismo rivoluzionario, ma dagli anni Settanta ad oggi di cose ne sono successe tantissime. L’Ortega di oggi non assomiglia minimamente a quello bardato dal fazzoletto rosso e nero che entrava nella Managua liberata dalla dittatura di Somoza. Si è avvicinato alla Chiesa cattolica (il cardinale Obando y Bravo suo nemico dichiarato, l’ha infine sposato con Rosario, la compagna di sempre), ha accettato il Cafta, ha sottoscritto il Patto di alleanza con il corrotto liberale Arnoldo Alemán, ha fatto votare ai suoi deputati, a sole due settimane dalle elezioni, una legge reazionaria e oscurantista come quella che proibisce in forma assoluta l’aborto. E veste di rosa.
Non è tutto, ovviamente. Ortega si è riunito più volte con gli imprenditori, promettendo completa apertura per gli investimenti e libertà di azione per i capitali. In una delle poche dichiarazioni alla stampa (quasi non rilascia interviste) ha esclamato: “Sono passati più di 25 anni dalla rivoluzione, tutti siamo cambiati. Lasciateci lavorare in pace”.
Chi ha scelto Ortega (il 38% di chi è andato a votare), l’ha fatto per una semplice ragione: sedici anni di governi liberali, di cosiddetta apertura democratica, non sono serviti a nulla. La corruzione è dilagata, il Paese non è cresciuto, i poveri sono costretti o a emigrare o a sopravvivere all’inedia. Il grande passo in avanti promesso dagli Alemán e dai Bolaños (ma anche dai Rizo e dai Montealegre in cerca di consenso) non c’è stato: anzi, il Nicaragua ha fatto come i gamberi. Sono state costruite ingenti opere pubbliche, questo sì, ma solo perchè la mordida, la mazzetta per i vari imprenditori e funzionari pubblici fosse più cospicua. Per il resto tutto è rimasto uguale, in un ambiente di mediocrità dove la dabbenaggine e la mancanza di previsione hanno generato ulteriori problemi: il black out elettrico ed il razionamento dell’acqua, per esempio, cose degne del XIX secolo.
Ortega è chiamato ad un difficile compito, ed esistono ragionevoli dubbi sulle capacità del suo gabinetto di proporre un’efficace politica economica. Il leader sandinista dovrà dimostrare che il suo ritorno alla presidenza non è solo ossessione per il potere, ma qualcosa di più. I nicaraguensi hanno bisogno di segnali forti e precisi, non solo di promesse da caudillo. Ieri sera, durante un discorso alla nazione, ha detto che seguirà le indicazioni dell'FMI e non muoverà i senatori del mondo finanziario locale dai loro posti. Che non sappia davvero che pesci pigliare in materia economica?
A remare contro, più che la destra nicaraguense, i sandinisti avranno gli Usa che, in quanto ad analisi geopolitica continuano ad essere degli asini. Bisognerà vedere ora se le minacce (l’ultima, incredibile, è quella di bloccare le rimesse che gli emigrati nicaraguensi inviano a casa) verranno applicate o se, come è giusto, da Washington lasceranno lavorare in pace tutti i nicaraguensi per coronare il futuro che si sono scelti.

Labels:

Wednesday, November 08, 2006

Nel limbo per un paio di giorni ancora

Dovete scusarmi, ma da una settimana il servizio Internet mi ha lasciato a piedi. L’azienda con cui ho sottoscritto il contratto non fa che prendermi in giro e in sette giorni non è riuscita a mandarmi un tecnico che verifichi cosa stia succedendo. I colpevoli di questa pessima attenzione sono i tipi di Cable Tica, dei veri e propri inetti. Lo scrivo appunto qui perchè ne rimanga costanza.
La notizia più importante di questi giorni è la vittoria di Daniel Ortega in Nicaragua. Su questo avvenimento sono stato ospite martedì mattina della trasmissione radiofonica di Rai3, Radio 3 Mondo, nel segmento curato da Luigi Spinola. Si è parlato di Ortega, naturalmente e spero che qualcuno di voi abbia avuto l'opportunità di seguirla.

Questo il sito: http://www.radio.rai.it/radio3/radiotremondo/index.cfm
Spero di risolvere la situazione al più presto e tornare così a postare i commenti.
Hasta pronto.

Monday, November 06, 2006

Il mistero nicaraguense

Ciò che sta più caratterizzando queste elezioni nicaraguensi è il mistero. Dopo la “quarantena” elettorale di settantadue ore, nessun exit poll, nessun pronostico o sondaggio viene permesso durante la giornata del voto. Sono per lo più gli osservatori stranieri a sbilanciarsi e a dire che il risultato più interessante sarà il numero dei voti con cui Ortega vincerà. Fino alle prime ore del pomeriggio di lunedì non si saprà praticamente nulla e per il momento c’è solo spazio per le speculazioni. Gli osservatori internazionali hanno detto che tutto è andato bene e che la partecipazione alle urne –fatto straordinario- è stata alta. Gli unici a storcere il naso sono stati quelli al mando dell’ambasciata statunitense. La ragione: alcuni seggi hanno aperto in ritardo, altri hanno chiuso dopo l’ora stabilita, in alcuni altri –com’era da prevedere- è mancata la luce (regalo dell’apertura neoliberista). Insomma, niente dell’altro mondo: è andata molto meglio che nella Florida del 2000. Qualcuno glielo dica all’ambasciatore Paul Trivelli.
Per chi vuole seguire lo scrutinio in diretta, vi posto il sito del Consejo Superior Electoral:
http://www.cse.gob.ni/index.php?s=1
ed il blog del Nuevo Diario, con i commenti dei votanti da diverse province del Nicaragua: http://blogs.elnuevodiario.com.ni/articulos/134/blog-electoral-desde-los-departamentos

Labels:

Saturday, November 04, 2006

La peste di La Oroya

Qualche giorno fa il Blacksmith Institute, con sede a New York, ha pubblicato la classifica dei posti più inquinati del mondo. Due le presenze latinoamericane in questa triste classifica, Haina nella Repubblica Dominicana e La Oroya, in Perù. Mentre ad Haina ad appestare le persone ci ha pensato una fabbrica chimica –che se ne è andata nel 1997 ad avvelenare un altro sobborgo-, a La Oroya l’inquinamento è una tradizione. Dal 1922 il luogo è una miniera a cielo aperto, da dove si estraggono vari minerali. La proprietaria della pianta metallurgica da dieci anni è la Doe Run. I bambini di La Oroya possono ringraziare la fabbrica: il 99,1% soffre di intossicazione da piombo ed il 20% necessita l’immediato ricovero in ospedale. L’inalazione costante di piombo causa gravi danni neurologici, per cui molti di questi bambini soffriranno in futuro danni permanenti.
La Aida ha pubblicato un libro sulla situazione degli abitanti di La Oroya, che si può scaricare qui:
http://www.aida-americas.org/aida.php?page=la_oroya_cannot_wait
in inglese o spagnolo.
Naturalmente la Doe Run dice di aver avviato un piano di trattamento dei residui, ciò nonostante nel 2004 questo non era ancora stato compiuto. A salvarla ci ha pensato l’ex presidente Toledo, con un decreto proroga di cinque anni. Nel sito della Doe Run, al terzo rigo della presentazione si parla di “sustainable development”: magari bisognerebbe chiederlo a un bimbo di La Oroya cosa ne pensa dello sviluppo sostenibile della sua malattia. La Doe Run, che appartiene al gruppo Renco del multimiliardario Ira Leon Rennert (è lui che fabbrica gli Humvee dei marines in Iraq) ha un sito molto “light”:
http://www.doerun.com/ dove più di quello che produce l’azienda si parla di ambiente molto a sproposito.
Qui, invece, un articolo di Marina Walker Guevara sui bambini di La Oroya, dal titolo significativo: “Los niños del plomo”, i bambini del piombo:
http://www.ciberdocencia.gob.pe/index.php?id=683&a=articulo_completo
La classifica del Blacksmith Institute: http://www.blacksmithinstitute.org/ten.php


Labels:

Friday, November 03, 2006

Il lusso dei generali

Ai generali peruviani piace stare comodi. In tempo di pace è meglio approfittare della buona vita, così mentre i soldatini –los cholitos- non riescono a mettere insieme due ranci decenti in una giornata, 106 ufficiali hanno ricevuto come regalo dal Congresso altrettante automobili di lusso. La manovra è costata ai contribuenti peruviani (che non se la passano proprio bene) tre milioni di dollari, oltre all’ennesima salva di battute sull’effettività di un esercito praticamente in mutande. Ollanta Humala parlava in campagna elettorale che, nel caso fosse stato eletto presidente, avrebbe rinnovato le forze armate. Alan García deve averlo preso in parola: probabilmente, in caso di guerra –reiterate le proteste nei giorni scorsi contro la militarizzazione del confine boliviano- invece dei Mig manderà i Toyota Four Runner o i Jeep Cherokee.
Gli scandali sono all’ordine del giorno. Oltre alle automobili di lusso, il comandante delle Forze Armate, César Reinoso, deve rispondere dell’acquisto di proiettili inservibili, equipaggiamento difettuoso e di razioni scadute. Tutto questo era destinato ai poveracci che andavano in prima linea a stanare i senderisti nella foresta. Una bella maniera di addestrare la truppa. L’esercito del Perù in linea:
http://www.ejercito.mil.pe/

Labels:

Thursday, November 02, 2006

Nazioni Unite: che tristezza

Quasi una cinquantina di votazioni (47 per l’esattezza), più di un mese di incontri diplomatici, riunioni, vertici, consigli, colazioni, cene, fiumi di parole e quanto altro ancora per dimostrare come le Nazioni Unite non servano a nulla se non a spendere un sacco di soldi e a foraggiare un branco di inefficaci politici privi di qualità.
Stasera le televisioni, tra i servizi internazionali, hanno parlato a lungo del ritiro della candidatura di Venezuela e Guatemala come membro provvisorio del Consiglio di Sicurezza. Dopo un braccio di ferro durato settimane, alla fine sembra sarà Panama a rappresentare l’America Latina nell’esclusivo consesso. A sfuggire ai servizi televisivi di giornalisti abituati a ricevere veline e a parlare di futilità, è però la nefasta attitudine di un’organizzazione che spende il suo tempo ed i suoi fondi in lunghe e tediose votazioni e non interviene come e dove dovrebbe fare. La notizia era proprio questa. Piuttosto di parlare della posizione dei due paesi -troppo vicino uno e troppo lontano l’altro dagli Usa, centro dell’universo- sarebbe stato logico chiedersi come questo dinosauro spende il suo tempo e per quale ragione. Delegittimate, strumento in mano di quei pochi usciti vincenti da una guerra di sessanta anni fa, le Nazioni Unite sono ormai una vergogna morale.
A proposito, sull’inutilità delle missioni Onu, c’è un bellissimo e tristissimo documentario sulla vicenda di Romeo Dallaire, che fu a capo di quella disgraziata nel genocidio ruandese del 1994: “Shake hands with the devil”:
http://www.whitepinepictures.com/dallairesite/index.htm. Assolutamente da vedere.
La pagina dell’ex generale:
http://www.romeodallaire.com/

Wednesday, November 01, 2006

Non ricordo, non c'ero e se c'ero dormivo

Pinochet riceve un altro carcere domiciliario e alle accuse che lo riguardano, continua a ripetere un disarmante “non ricordo”. Niente di nuovo sull’orizzonte giudiziario dell’anziano dittatore, icono in pannolone per alcuni, pazzo sadico per la maggioranza.
La nuova accusa riguarda le indagini sulle torture perpetrate a Villa Grimaldi, carcere nemmeno troppo segreta della Dina, dove passarono negli anni del regime circa 4500 persone –tra cui Michelle Bachelet e sua madre- di cui almeno 250 giustiziate dopo aver subito ogni tipo di tortura.
Pinochet deve rispondere per 36 casi di sparizione e 23 di torture. Dice di non ricordare nulla, ovviamente, anche se nei suoi giorni di gloria amava ripetere che in “Cile non si muove foglia che io non voglia”. L’ex dittatore, che nel 2004 era stato dichiarato incapace di intendere, da allora si è visto coinvolto nel caso Riggs, dove grazie a complesse manovre finanziarie ha cercato in tutte le maniere di occultare il patrimonio fraudolento acquisito con gli anni. Per questa ragione, i giudici ora non gli credono più. Pinochet, secondo il giudice istruttore Alejandro Solís “comprende perfettamente la propria situazione giudiziaria, il senso delle sue deposizioni e mantiene quasi intatta la sua memoria”.
Risulta patetico oggi –soprattutto per i suoi partitari- vedere l’ex uomo forte ridotto a fare da macchietta a sè stesso. Pinochet aveva un grande sogno: quello di passare alla storia come un grande condottiero del XX secolo. Di lui verrà ricordata invece la parabola di un tetro personaggio immerso nei peggiori meandri della miseria umana.
Villa Grimaldi è oggi un museo dedicato alla pace:
http://www.villagrimaldicorp.cl/
Il Pinochet d’annata subito dopo il golpe: http://www.youtube.com/watch?v=tGG3WCi2yVA

Labels: